
Jannik e Martina sono due facce della stessa medaglia, quella brillante e luccicante che il tennis italiano si sta appendendo al collo e che mostra con orgoglio, gonfiando il petto.
Due personalità diverse e due storie diverse: esuberante in ogni suo gesto, dal gesto tecnico a quel suo “Maremma” urlato in faccia alla tribuna deserta dopo un punto perso, Martina, asciutto, diretto e teutonico, come il suo dritto, Jannik. Eppure entrambi hanno in comune la fame di vittoria e la voglia di primeggiare e non importa se contro pronostico o contro classifica, la loro voglia di vincere è più forte di tutto.
Ecco, questo è stato finora il loro tratto distintivo: giocare imponendo se stessi e il loro modo di vivere e vincere la partita, indipendentemente se dall’altra parte della rete ci sia la Gauff, la Bertens o Zverev. Impongono se stessi anche nel momento più difficile, che in ogni match, o in quasi tutti, arriva. Hanno un istinto di sopravvivenza che deriva o dall’esperienza che la vita ti insegna, anche in modo duro, o dall’innato senso di cannibalismo, che solo i grandi campioni hanno. Questo li rende unici.
Jannik e Martina stanno vivendo un sogno, a modo loro, con il modo di essere. Scegliere quale sia il migliore è un esercizio di stile a cui ci sottraiamo: l’importante è continuare a sognare.
Carlo Galati