Feliz cumple Pibe de oro

Per la mia generazione, Diego Armando Maradona, o più semplicemente Diego, è stata vita. Alto e basso, delitto e castigo, gioie e dolore di un uomo che ha sdoganato il talento più puro e allo stesso tempo reso visibili e tangibili i demoni che solo i divini posseggono, come fossero un pegno da pagare per la propria infinita grandezza.

Maradona non è stato semplicemente un calciatore; non vorremmo addentrarci nella jungla delle metafore troppo sofisticate, perché nessuna renderebbe giusto merito a ciò che non solo è stato ma che tuttora rappresenta. Ha unito indissolubilmente due popoli, Napoli come Buenos Aires. È stato riscatto di terre irredimibili, trascinatore e simbolo nel bene e nel male, ha incantato. Tanti i fiumi di inchiostro spesi, parole ricercate, analisi più o meno complesse per cercare di definirlo. Le ha dribblate tutte, con quell’aria dinoccolata di chi non sembrava neanche avere tutta quella voglia di scendere in campo, di allenarsi, salvo poi incontrare il pallone e avvicinarsi all’etereo.

Ancora oggi, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, non sappiamo cosa fosse quella magia, forse neanche lui lo ha mai capito. Perché Diego Armando, o più semplicemente Maradona, possiamo declinarlo e definirlo utilizzando tutti gli artifizi letterali in nostro possesso ma nessuno mai renderà realmente omaggio al mas grande de todos. El pibe de oro, la mano de Dios.

Carlo Galati

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