Pumas per la storia

Il cronometro è ormai rosso, l’80esimo è superato. La Nuova Zelanda va in meta con Clarke, la sua prima marcatura internazionale. A poco serve, anzi a nulla. Intorno al campo si piange e poco importa se si sta giocando in Australia a causa dei durissimi tempi pandemici. Buenos Aires è lì con loro.

La storia del rugby oggi aggiunge un nuovo entusiasmante capitolo alla propria saga. La prima volta dei Pumas che battono gli All Blacks (25-15) avviene nell’episodio numero 30, dopo 28 sconfitte ed un pari rocambolesco datato 1985. Accade in un contesto strano, forse unico ed irripetibile. La UAR, la federazione argentina sull’orlo del fallimento, specchio di un paese dall’economia sempre più fragile, i Pumas che non scendevano in campo da oltre un anno, (tredici mesi per la precisione) e di contro una formazione che se già non bastasse l’ineluttabile vantaggio dovuto al rappresentare da sempre l’eccellenza della palla ovale, è andata in campo con i migliori XV uomini a disposizione.

Per comprendere la portata dell’impresa basti pensare che il movimento rugbystico argentino è di base amatoriale; per intenderci i giocatori pagano il club per giocare e la mentalità è di contribuire alla crescita del movimento. Non pretendere il contrario, come succede ad altre latitudini. Ecco perché ha un significato particolare indossare quella maglia, ecco perché si è davvero pronti a tutto pur di guadagnarsi il rispetto dell’avversario, del tuo compagno, della tua gente. Basta guardare negli occhi ogni singolo Pumas durante l’inno per capire e comprendere tutto.

Sean eternos los laureles
que supimos conseguir.
Coronados de gloria vivamos,
o juremos con gloria morir.

Vamos Pumas!

Carlo Galati

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