
Ci sono sportivi che varcano le soglie del proprio campo, della propria professione, abbandonando il porto sicuro degli amanti del genere, diventando di fatto icone che abbracciano tutti. Non importa se si è mai seguito lo sport, il basket nello specifico, per riconoscerlo e identificarlo.
Lo inquadri subito Dan Peterson: ne riconosci il volto, la voce, la statura. Il suo essere americano con quell’accento e quel modo di parlare che ricorda Stanlio (o Olio, fate voi…) nonostante abbia passato 50 dei suoi 85 anni, che compie proprio oggi, in Italia.
Ha legato la sua storia all’Olimpia Milano, con cui condivide l’età e l’anno di nascita (il destino alle volte è molto più razionale di quello che possa sembrare) e alle telecronache e a quei modi di dire che lo hanno introdotto nelle nostre case, nei nostri salotti il sabato pomeriggio.
Dal suo accoglierci con “Amici sportivi, e non sportivi…” a “Mamma, butta la pasta!”, per specificare che una partita è ormai finita, passando per “Fe-no-me-na-le”, per indicare una giocata di altissimo livello.
Con l’Olimpia dal 1978 al 1987 inserirà nella propria bacheca 4 Scudetti (1982, 1985, 1986 e 1987), due Coppe Italia (1986 e 1987), una Coppa Korac (1985) e soprattutto la Coppa dei Campioni del 1987. Dopo questo sensazionale ‘triplete’, Peterson si ritira, all’apice della propria fama, diventando uomo copertina.
A vederlo non sembra neanche che possa compiere 85 anni, che il tempo passi anche per lui. Eppure la sua grandezza sta anche in questo: nel battere il tempo. Come quando allenava e vinceva, in perenne lotta con il cronometro.
Auguri Dan, parafrasandoti, ce lo concederai: “per me…Numero 1!”
Carlo Galati