
Ci abbiamo creduto, perché mai come questa volta, nella storia dello sport velico italiano e della Coppa America, abbiamo avuto l’occasione di portare in Italia il trofeo sportivo più antico al mondo. Ammaliati da una Luna Rossa che per tante notti ci ha tenuto svegli, siamo stati rapiti dalla sua fulgida bellezza e abbiamo tifato, tanto. Tantissimo.
Era durissima la sfida, ed era durissimo già il solo fatto di poterci credere, credere di arrivare fino a qui. Vincere tre regate in finale non era mai successo in passato ad un equipaggio italiano ed il merito di Luna Rossa è stato proprio questo: rendere possibile quello che non lo era, tranne per loro, per quei marinai che sono andati in acqua sfidando quel mostro sportivo di nome Team New Zealand a cui è doveroso guardare con ammirazione e rendere merito per una vittoria giusta. Sono stati i più veloci sul campo di regata ma anche i più veloci ad apportare le giuste modifiche per vincere; merito anche di Luna Rossa che ha saputo alzare di tanto l’asticella di una sfida che sembrava, per il defender, già vinta in partenza. Alla fine ad abbracciarsi sono loro (già, avete letto bene…hanno anche sconfitto il virus con regole molto ferree) rilanciando la sfida a cui, il papà di Luna Rossa, Patrizio Bertelli, ha già risposto presente, noncurante di aver raggiunto Sir Thomas Lipton, a quota cinque sconfitte in altrettante campagne.
Giusto sarà ripartire da questo gruppo di giovani italiani, guidati da Max Sirena, Checco Bruni e da un James Spithill, australiano di nascita ma ormai italiano per navigazione e forse anche per ambizione. Ma questo è già il futuro. Il presente lascia ancora qualche scoria figlia della consapevolezza di esserci andati vicino, ma con la coscienza di aver imparato tanto e trasmetto altrettanto. Se domani, un solo ragazzino, sognando Luna Rossa, vorrà avvicinarsi alla vela, parte della missione è già conclusa. Per il resto, una sola grande parola, per tutti: grazie.
Carlo Galati