The phantom punch

È il 25 maggio 1965, l’orologio segna le 22:40 sul ring della St Dominic’s Arena di Lewiston, nel Maine, due uomini si battono per il Mondiale dei massimi. Accanto al quadrato c’è Neil Leifer. Presto scatterà una delle fotografie più famose nella storia dello sport. 

Gli occhi del mondo sono puntati sulla piccola cittadina del Maine, Lewiston non sa neppure cosa sia la boxe e si ritrova a ospitare il campionato mondiale dei pesi massimi tra Muhammad Ali e SonnyListon.

Al terzo destro scagliato da Ali, Liston stramazza al tappeto subito dopo avere abbozzato un jab sinistro, andò giù dopo 1.44″, si rialzò a quando il cronometro segnava 1.56″, soltanto a 2.18″ del primo round l’arbitro decretò il ko. Un pugno fantasma ha chiuso la sfida e aperto un affascinante capitolo nella storia della boxe. L’arbitro è Jersey Joe Walcott, vecchio campione del mondo dei pesi massimi. Liston è al tappeto è scivolato giù lentamente. Walcott comincia a contare, perde tempo nel mandare Ali all’angolo neutro, si innervosisce, si lascia sfuggire il controllo del match, torna al centro del ring quando i due hanno già ricominciato a boxare.

Da bordo ring gli urlano di fermarsi, gli gridano che il match è finito. C’è Nat Fleischer in prima fila, è l’editore e il direttore di The Ring: la rivista che viene considerata la bibbia del pugilato.

Fleischer: È finita Joe, ferma l’incontro
Walcott: Perché?
Fleischer: Liston è rimasto giù 14 secondi
Urla anche il cronometrista.
Walcott: Quanto è rimasto a terra Liston?
Cronometrista: Oltre 12 secondi.

Jersey Joe Walcott ripercorre lentamente camminando all’indietro lo spazio che lo separa dai pugili, ferma la loro azione e alza il braccio di Ali. Il ragazzo di Louisville si conferma campione. Vince per ko con un pugno che nessuno ha visto.

Neil Leifer Sa di avere in macchina lo scatto buono. Una foto che è stata messa all’asta con base di partenza 600.000 dollari. Ali è immortalato nel pieno della potenza. Forte, strafottente, sicuro. Una bellezza plastica in grado di ipnotizzare le folle. Ma, la beffa, Sports Illustrated non giudica quello scatto degno della copertina. Solo molti anni dopo, capito l’errore, quella foto finirà sulla prima pagina della rivista, nella galleria dei più grandi scatti di sempre.

Carlo Galati

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