
L’Italia che sconfigge il Belgio non è la solita cinica Italietta che alza muri e si difende a oltranza: è una squadra che gioca al calcio, e lo fa bene, diverte e tiene in mano il pallino del gioco.
Una difesa solida, con Chiellini che cancella dal campo Lukaku, capace di offendere solo dagli undici metri; un centrocampo di qualità e di quantità regolato sulle frequenze del metronomo Jorginho; un‘attacco leggero, senza l’ariete da area di rigore, ma capace di regalare schemi e trame di gioco che non vedavamo da anni a queste latitudini.
Una bell’Italia, costruita a immagine e somiglianza del proprio allenatore, forgiata nel fuoco e fusa con l’acciaio, capace di vincere con due gol straordinari per bellezza e gesto atletico, grazie allo scugnizzo del “tiraggiro” e a un Barella che inventa una serpentina in stile Diego Armando.
Un’Italia che vince e convince, ben oltre il risultato striminzito che ci ha costretti a una sofferenza immeritata negli ultimi minuti di gioco.
Questi ragazzi hanno ridato un senso all’Italia pallonara, dopo anni di disamore per l’Azzurro e allenatori più simili a impiegati del catasto che a direttori d’orchestra.
Ci risvegliamo orgogliosi della nostra squadra e con il Tricolore in mano, pronto a sventolare ancora martedì, quando a Wembley ci toccherà la Spagna, storico avversario in ogni manifestazione continentale e mondiale.
E stavolta le Furie Rosse non partono favorite: abbiamo matato i numeri uno del ranking, il Belgio di Lukaku e De Bruyn, non possiamo certo aver paura della compagine lusitana meno dotata di talento degli ultimi dieci anni.
È inutile nascondersi: l’obiettivo è di arrivare a destinazione, passo dopo passo, fino alla fine.
Per scrivere la storia.