
Nell’anno incredibile dello sport italiano mancava una vittoria epica, un’impresa d’altri tempi, una storia di grande fatica da raccontare ai nipoti.
Ci ha pensato un trentunenne di Desenzano del Garda, un ciclista, uno che forse non è “nato” campione, ma che quest’anno ha centrato prima il titolo europeo e oggi ha consacrato la propria carriera nell’Inferno del Nord, nella Classica delle Classiche, caracollando fra pavé e fango.
La Parigi-Roubaix è tua, Sonny.
In quella maschera di fango che si presenta alle porte del mitico velodromo, insieme al più dotato (sulla carta) Van der Poel e a Vermeersch, c’è l’alfa e l’omega del ciclismo, la poesia delle sfide impossibili, il bianco e nero delle immagini di repertorio delle imprese che lasciano il segno.
E c’è Sonny, nell’anno di grazia 2021, che corre col cuore e con la testa, perché non sbaglia nulla e controlla gli avversari da consumato finisseur, cosciente di essere il più veloce del terzetto uscito indenne da cadute, salti di catene, forature e condizioni ambientali da tregenda.
Le stesse condizioni che hanno negato l’impresa a un altro Italiano, Gianni Moscon, cavaliere in fuga solitaria pronto a fare l’impresa, frenato da una doppietta di sfortuna, foratura e caduta.
C’è Sonny con quel Tricolore che quest’anno scardina ogni pronostico, fa impazzire gli Inglesi, tormenta i sonni dei Belgi, annichilisce i favoriti della vigilia in ogni disciplina.
Piange come un bambino sporco di fango sul traguardo di Roubaix e sa di averla fatta grossa: un ciclista è un ciclista, può diventare protagonista con la vittoria di un giorno a un campionato europeo, ma se taglia il traguardo per primo, dopo sei ore di battaglia, nell’Inferno del Nord, quel ciclista diventa leggenda.
Il ciclismo italiano esulta e riporta la Classica a casa, ventuno anno dopo Andrea Tafi.
Roubaix, Francia settentrionale, Anno del Signore 2021.