Jury Chechi, la perfezione della croce

Una delle figure iconiche della perfezione del corpo umano è sicuramente la geometria illustrata dell’Uomo Vitruviano, la cui concreta simmetria delle linee ricorda la correlazione tra proporzioni ideali del corpo umano. Il genio di Leonardo con muscoli, tendini e vene formano una mappa in scala dell’orografia di una catena montuosa, completa di vette, creste, valli e fiumi. Questa perfezione è difficile da declinare in esempi tangibili, tanto è la complessità rappresentativa che tende alla perfezione. Ma c’è una figura della ginnastica che la ricorda: è la croce sugli anelli. Elemento statico facilmente riconoscibile, in cui l’atleta estende le braccia ai lati del corpo fino a far loro assumere una posizione parallela con il terreno, rimanendo contestualmente in sospensione sugli anelli per almeno due secondi, che probabilmente sembrano durare un’eternità. Ed è nel flusso di questa eternità che ha trovato la propria linfa vitale Jury Chechi, il più grande interprete di questa disciplina.

Compie oggi 52 anni che sembrano nulla di fronte al perdurare sempiterno delle sue imprese sportive scritte nella storia e che rappresentano il baluardo verso cui tendere per capire il senso dello sport.

In uno sport relegato purtroppo a ruolo forse anche terziario nell’attenzione dei fruitori di questo tipo di intrattenimento, le Olimpiadi sono gli immancabili quindici minuti di celebrità. Jury Chechi è costretto a saltare Barcellona 1992 e Sydney 2000, in entrambi i casi per infortuni poco prima dell’inaugurazione.

Per una nobile legge di compensazione, comunque aiutata dalla preparazione maniacale, arriva l’oro ad Atlanta 1996 e il bronzo ad Atene 2004, a chiusura del professionismo. In mezzo, campione del mondo per cinque volte di fila, quattro volte campione europeo e tredici volte vincitore dei Giochi del Mediterraneo, per un totale di 35 medaglie di cui 26 d’oro, oltre a sei titoli italiani consecutivi. E poi l’orgoglio da portabandiera ad Atene e da apripista alla cerimonia alle Olimpiadi invernali di Torino 2006: nella storia l’unico atleta non di sport invernali ad avere questo onore. Unico come la sua carriera, le sue cadute e le sue resurrezioni, mirate sempre alla perfezione della croce.

Carlo Galati

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