Malgioglio, la luce del calcio nel buio della disabilità

“Anziché parare pensa ad aiutare gli handicappati”. Basta questa frase che non ha bisogno di commenti o ulteriori analisi per comprendere quanto il mondo del calcio abbia messo da parte o mai considerato del tutto (oseremo dire mai), l’impegno che Astutillo “Tito” Malgioglio ha sempre dedicato ai più deboli, agli ultimi. Una dual career in continua ascesa: parallelamente al calcio porta avanti gli studi e si laurea in Medicina ed è il 1980, quando Azeglio Vicini lo vuole nell’Italia Under 21 come vice di Giovanni Galli. Traguardi che non gli sono sufficienti a sentirsi appagato.

Parla con la moglie, Raffaella, e insieme decidono di studiare una soluzione per aiutare i bambini con difficoltà motorie acquistando e gestendo un centro di riabilitazione motoria a Piacenza. Chiamarono la palestra “Era 77”, dalle iniziali del nome della figlia Elena nata nel 1977, della moglie e del suo. Offrivano terapie gratuite ai bambini disabili aiutandoli a camminare, a muoversi da soli. 

Campo di mattina, fisioterapia di pomeriggio. Nel suo secondo lavoro prova a coinvolgere anche i compagni di squadra, come il tedesco Jurgen Klinsmann, che per la causa gli staccherà un assegno da 70 milioni di lire. Nel 2001 una nuova doccia fredda: la sua associazione “Era77” deve cessare l’attività. Oggi però Malgioglio è ancora in attività: sviluppa progetti di sporterapia e continua a battersi per l’integrazione nello sport fra disabili e normodotati. 

Ed è per questo che il 29 novembre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo nominerà Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana “per il suo costante e coraggioso impegno a favore dell’assistenza e dell’integrazione dei bambini affetti da distrofia”. Sono mani salde e forti di portiere, quelle di Malgioglio, in una storia finalmente con il lieto fine.

Carlo Galati

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