Djoko, partita, incontro

Novak Djokovic lascia l’Australia e gli Australian Open a seguito di un provvedimento dei giudici della Corte Federale, a causa del suo mancato vaccino e del pasticcio brutto che lo ha trasformato in una icona no-vax, forse persino oltre le sue iniziali intenzioni.

In quella “bolla” nella quale vivono i tennisti, ancora più bolla per il numero uno con tanti zeri nel conto in banca e uno staff pagato anche per pensare al suo posto, nessuno si era preoccupato della legge australiana.

Neppure gli organizzatori degli Open, convinti che nessuno potesse negare un posticino nella terra dei canguri al testimonial del tennis degli dèi.

Hanno fatto male i conti. Tutti.

Li hanno fatti talmente male da contribuire con una comunicazione fra il demenziale, il grottesco e il criminale, a intaccare l’immagine di Nole, finito a fare l’immaginetta per la minoranza anti-vaccinista mondiale, per giunta quella dell’ala complottista. La malattia, vera o presunta, le immagini del presunto malato a un evento, i certificati, la presunzione di poter riscrivere le regole in una Nazione che sui confini nazionali non ha mai scherzato: tutto questo non è da numero uno e lo sappiamo.

È già tanto che questa partita sia arrivata al quinto set, ma la vittoria di Nole avrebbe gettato nel ridicolo le autorità australiane, improvvidamente forti con i deboli (tutti coloro i quali si presentano alla frontiera senza i titoli per entrare) e debole con i forti (il tennista multimiliardario).

Ne avremmo fatto volentieri a meno.

L’unica divinità che vorremmo rivedere in campo è il Nole tennista, non la fotocopia di Gesù di Nazareth descritta dal pittoresco genitore serbo in conferenza stampa o l’osannato mentore di qualche “scappato di casa” convinto che col vaccino moriremo tutti in pochi mesi, cadendo come mosche.

E se il Governo vuole fare davvero la cosa giusta, solleciti la propria Federerazione tennis a gestire meglio situazioni potenzialmente a rischio deflagrazione: in fondo se Nole ha preso quell’aereo, pur con tutte le sue colpe, è anche perché qualcuno gli aveva detto di prenderlo.

Gioco, partita, incontro.

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