
Non so perché ma esiste una strana concezione che tende a considerare l’edizione invernale delle Olimpiadi, quasi una manifestazione inferiore rispetto a quella considerata più “classica” e rinomata in tenuta estiva. Eppure i riti sono gli stessi: a partire dall’emozione della cerimonia d’inaugurazione fino alla dedizione che gli atleti mettono nel preparare un avvenimento che solo una piccolissima parte di sportivi eletti hanno la possibilità di rappresentare. Ed uguali sono le sensazioni nel vedere accendersi il braciere olimpico, ardere il sacro fuoco.
Con ancora le emozioni negli occhi di Tokyo, lo sport italiano, solo qualche mese dopo quell’ubriacatura di medaglie, guarda sempre verso la via della seta, alla ricerca di metalli più o meno preziosi e l’Italia tutta si stringe intorno a questi ragazzi che dall’altra parte del mondo coronano il proprio sogno, rappresentando tutti noi che da qui li guardiamo ed in loro riponiamo la speranza di un piccolo grande momento di gioia da conservare anche noi nel remoto del nostro cuore. Vederli oggi sfilare a Pechino col tricolore sulle spalle, e quello più grande orgogliosamente tra le mani di Miche Moioli, che ha sostituito la sorella in armi, Sofia Goggia, per i motivi che conosciamo, ci ha trasmesso tanta gioia, in tempi piuttosto bui che schiariscono di fronte al fuoco di Olimpia rappresentando il valore supremo dello sport. Non esiste, maggiore o minore, esiste l’Olimpiade, quei bellissimi cinque cerchi che non smetteranno di essere mai un punto fermo.
Carlo Galati