
“E il conto delle medaglie non è finito così come la sua luce olimpica, iniziata a Torino e che si spera possa arrivare fino a Milano/Cortina per una degna conclusione di una storia ancora da scrivere”.
Avevo concluso così, qualche giorno fa nel raccontare l’impresa della nona medaglia olimpica di Arianna Fontana conquistata nella staffetta mista dello short track. Una medaglia che l’aveva avvicinata alla leggenda e che e ad un solo passo da Stefania Belmondo, in questa speciale classifica. Vi possiamo adesso svelare che quel “conto delle medaglie non ancora finito”, faceva riferimento alla storia da scrivere in quella che è la Sua gara: quei 500 metri che l’avevano già vista trionfare a Pyeongchang, solo 4 anni fa. E’ necessario un upgrade, in primis nel titolo del nostro pezzo. Ha difeso il titolo, in una gara tiratissima, con un sorpasso da antologia sull’olandese, poi seconda, Suzanne Schulting; finta all’esterno, passaggio sul cordolo interna. Roba che solo i geni di questo sport e della velocità applicata al ghiaccio riescono non solo a pensare, ma a vedere e mettere in pratica.
Ha difeso quel titolo che era già suo, dando l’ennesima dimostrazione che non esiste appagamento nei grandi campioni, ma che anzi, vincere aiuta a vincere, stimolando una sorta di circolo vizioso sa cui si esce vincitori o…vincitori. Perché chi mostra questa attitudini ha già vinto o continua a farlo. Come Arianna che adesso ha nel mirino le tredici di Edoardo Mangiarotti che di medaglie ne ha “soltanto” tre in più. Le possibilità ci sono e come detto qualche giorno fa, Milano/Cortina, quell’Olimpiade, la nostra Olimpiade, non è lontana. Esaltarsi i quel contesto raggiungendo lì l’obiettivo sarebbe il massimo. Adesso però è il momento di fermarsi, respirare e alzarsi in piedi a battere le mani ad una campionessa che ha le stigmate per diventare la più grande di sempre.
Carlo Galati