
La scena è di quelle che entrano di diritto nella galleria del tennis. Una di quelle immagini che hanno bisogno di poche parole a corredo, forse nessuna. Quel momento che sapevamo sarebbe arrivato, ma per il quale non eravamo ancora pronti. Juan Martin Del Potro ha detto addio nella sua Buenos Aires, al termine del match giocato con il connazionale Del Bonis e lo ha fatto poggiando la sua bandana, compagna di una vita, su quella rete che si interpone come primo e perenne primo avversario di ognuno delle due parti in campo.
Un’immagine forte, che segna la fine dell’ultimo tango argentino, di un campione che avrebbe meritato altri palcoscenici per il suo inchino finale. Ma forse è stato giusto così, tra la sua gente, con un avversario amico e argentino come lui e con la sensazione che in quel gesto ci sia il grande commiato del campione costretto dal suo imponente fisico a dire basta. La torre di Tandil ha tirato le sue ultime e micidiali bordate di dritto, ha entusiasmato con la forza della residua volontà unità ad una classe purissima, ci ha regalato tanto e per questo gli saremo sempre grati per aver visto un gigante sfidare i giganti, battendoli ed essendo battuto, ed entrando nel cuore di chi ha amato Delpo, anche e soprattutto, in questi due ultimi anni di calvario vivendo con la speranza di rivederlo in campo. Questa ultima e infinita volta lo consegna alla storia; la nostra e di tutti quelli che lo hanno visceralmente amato.
Olè, olè, olè, olè, Delpo, Delpo!
Carlo Galati