
Ventuno giorni e poche ore sono il tempo che separa l’aliena Sofia Goggia dal suo ultimo infortunio, una microfrattura della testa del perone e lesione parziale del legamento crociato del ginocchio sinistro.
Una diagnosi che avrebbe consigliato a un comune mortale un intervento chirurgico e poi riposo, tanto riposo, e fisioterapia per diverse sedute, con la cautela di chi non voglia finire di nuovo sotto i ferri.
Sofia, però, ha un appuntamento con la storia, perché ha costruito la stagione su quella discesa libera delle Olimpiadi; la gara nella quale conta mollare tutto, fare velocità, divorare le curve e scendere in picchiata verso il traguardo.
A quell’appuntamento non vuole mancare e decide che dall’infortunio non solo si possa guarire in ventuno giorni, ma ci si possa anche presentare al cancelletto di partenza nella gara più importante della vita, lanciarsi a tutta velocità e portare a casa un argento che vale oro, anzi platino.
La freccia tricolore, l’orgoglio d’Italia, illumina la notte e serve un caffè caldo dolcissimo a chi ha deciso di puntare la sveglia per seguire questa ragazzona dal sorriso contagioso e dalla granitica forza di volontà.
Siamo stati tutti lì, col fiato sospeso e il cuore in gola, indecisi se puntare alla medaglia o sperare soltanto che Sofia tagliasse il traguardo indenne, come si fa quando si aspetta che i figli tornino a casa a notte fonda, sani e salvi.
Lei, invece, dimentica il ginocchio malandato e in due minuti scarsi di velocità e tecnica aggiorna i manuali di fisiatria, sfiora l’oro e “trascina” sul podio con il suo contagioso entusiasmo un’altra azzurra, una splendida Nadia Delago alla sua prima partecipazione olimpica, conquistando un bronzo che, come quello di Sofia, ha il sapore gradevole della vittoria.
Fate largo sul binario di Yanqing: passa Sofia Goggia, aliena tricolore, campionessa quasi bionica di velocità sugli sci.