
Non più tardi di otto giorni fa, il “suo” Real Madrid, in quel di Parigi, conquistò la 14esima Coppa dei Campioni e subito il parallelismo fu facile. Rafael Nadal, quel giorno presente allo Stade de France, a pochi chilometri di distanza era alla ricerca del suo 14esimo Roland Garros. Sembrava molto difficile che questa potesse essere più di una suggestione, romantica, ma pur sempre una suggestione.
E invece forse nella finale meno combattuta tra tutte le 14 disputate, ma con alle spalle il percorso più difficile per arrivare in fondo, Nadal ha battuto 4 top ten, è stato in campo per oltre 20 ore complessive e ha ancora una volta aggiunto un tassello in più verso l’inarrivabilità dei suoi record, sollevando al cielo per la 14esima volta la coppa dei moschettieri.
Ed è una sconfitta non solo per Ruud ma in generale per quello che voglia significare la next Gen, o concetti del genere, che perdono di significato ogni volta di più, di fronte ai fatti concreti. Due slam su due vinti quest’anno da un 36enne che senza gli antidolorifici forse non starebbe neanche in piedi. Immenso e senza fine lui, troppo poco il resto. Solito noto (o Nole…) a parte.
Carlo Galati