
Una diapositiva che non avrebbe bisogno di ulteriori commenti. Due istanti, separati da pochi attimi, che raccontano di quanto il calcio, lo sport più amato, quello che per definizione popolare, non è “solo uno sport”, sia nella fase di una matura decadenza, per certi versi inarrestabile. Una decadenza guidata da chi il giocattolo lo maneggia e gestisce: Gianni Infantino.
Al cospetto di chi ha plasmato il calcio a propria immagine, di chi lo ha saputo trasformare da semplice sport in qualcosa di poetico, la decenza lascia il passo all’immoralità del moderno modo di intendere quello che è oggi questo calcio. Un qualcosa che non devia il proprio corso, ormai compromesso, neanche di fronte alla salma di Pelé, uno che solo a nominarlo vengono i brividi.
Foto, selfie e risatine. Questo è quello che ha mostrato il padrone del calcio: l’uomo che decide cosa e quando, ma che non può prendersi tutto. Non si prenderà la passione, non si prenderà l’ispirazione che giganti come Pelé hanno trasmesso al mondo. Si prenderà i soldi e tanti e saranno quelli che distruggeranno tutto. In maniera tremendamente irreversibile.
Carlo Galati