
C’era una volta un ciclista belga, che a cavallo tra gli anni sessanta e settanta dominò la scena mondiale delle due ruote, vincendo tutto e vincendo sempre, ovvero ogni qual volta si presentava l’occasione giusta per farlo. Si chiama Eddy Merckx ma è da tutti conosciuto come il Cannibale. Non lasciava nulla a nessuno, nessun calo di tensione. Nessuna pietà sportiva.
Ad oggi il parallelo con Novak Djokovic sembra immediato ma in realtà non lo è. Perché nel tennis essere un vero cannibale è molto più difficile; perdere una gara in un gran giro potrebbe non compromettere il risultato finale. Nel tennis sì. E l’ennesima dimostrazione è andata in scena nella finale dell’Australian Open vinta su Tsitsipas: 10 vittoria su 10 finali, 22esimo Slam e una striscia aperta di 28 partite consecutive vinte in Australia. Come non definirlo un cannibale?
La domanda è chi possa fermarlo. La risposta è: nessuno. Nessuno se, chi lo incontra in campo, entra già in campo sconfitto, consapevole della grandezza assolutista di chi dall’altra parte della rete, gioca e vince. Sempre. La speranza è riposta in quei giovani giocatori come Alcaraz, Rune, lo stesso Sinner: la loro giovanile sfrontatezza può essere l’arma giusta. Altrimenti il monologo è assicurato, ora soprattutto che il numero 1 è tornato al suo posto.
Carlo Galati