Il giorno del Pirata

L’amore nella sua forma più pura è rappresentato dall’indeterminatezza dello stesso. L’amore non ha limiti, confini, soprattutto temporali. I grandi amori sono per sempre, per sempre vivono nei cuori di chi ne alimenta ogni giorno il fuoco sacro della passione. Una specie di serbatoio inesauribile che si rigenera, nel caso specifico, della grandezza del ricordo. Perché è impossibile dimenticare per chi lo ha amato, impossibile non associare il giorno degli innamorati al profondo dolore della sua ultima salita.

Marco Pantani se n’è andato il 14 febbraio di 19 anni fa, ma in realtà non è mai andato via. La sua grandezza continua ad ispirare, il suo talento immenso è ancora vivo e presente in chi si approccia al ciclismo. Continua a pedalare con gambe nuove, con energie mai perse, con sogni mai svaniti. Mai nessuno come lui: ciclista amato da tutti, ultimo esponente di un romanticismo sportivo che si sposa con le due ruote della fatica, del sangue, del sudore e delle lacrime. Amare.

Come amaro è il suo lungo addio, ma finito realmente. Sempre in salita, sempre sui pedali, sempre a lottare per far mettere fine all’agonia il prima possibile; un’agonia che però lo ha reso immortale e lo consacra tra i più grandi di sempre, per sempre. Il Pirata ci manca, manca al ciclismo e allo sport italiano, manca sempre: ad ogni salita, ad ogni tappa del Giro e del Tour. Manca la sua bandana gialla, manca il suo sorriso. Un sorriso che non abbiamo mai forse realmente compreso; triste e malinconico, radioso in apparenza. Non abbiamo mai capito il suo dolore che oggi è anche il nostro.

Carlo Galati

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