
Troppe volte si abusa di termini che potrebbero sembrare pleonastici, fino a quasi considerarli melensi. È il rischio che corre chi scrive, è la sensazione soprattutto di chi legge. Eppure alzi la mano chi non definirebbe ciò che ha fatto Lorenzo Musetti, col termine impresa. Battere il numero uno al mondo non è cosa da tutti i giorni: c’è riuscito Sinner a Miami, c’è riuscito Musetti a Monte Carlo. Cambiano gli addendi, ma il risultato no. Italians do it better.
E nulla ha potuto un Novak Djokovic, che magari non sarà al 100% della propria condizione, ma che ha dato comunque la paga a molti, mostri sacri compresi, anche così. Una partita strana, fatta di 15 break, errori, colpi vincenti, palle sulla linea e pioggia; quella pioggia che ha rallentato tutto, diluendo nel tempo ciò che poteva essere e ciò che è stato.
È stata paura, rassegnazione, speranza e gioia finale. È stata soprattutto la forza di un giocatore stupendo da vedere, appartenente a quella categoria di giocatori che corrono sempre sul filo sottile della bellezza di un tennis che rende omaggio a se stesso, nella purezza del gesto. Domani sarà un confronto di stili con l’amico Jannik, in un quarto di finale che regalerà all’Italia un semifinalista a Monte Carlo e a noi un’altra meravigliosa giornata di tennis.
Carlo Galati