
A differenza di alcuni motti calcistici, che considerano la vittoria come l’unica cosa che conta, ci sembra piuttosto importante sottolineare e capire come le vittorie arrivino. Perché non sempre a vincere è il più forte in valore assoluto, ma può esserlo in quel momento, un momento fatto di diversi fattori che esulano dall’esclusiva valutazione della tecnica o della forza mentale. Holger Rune ha vinto, ha battuto Jannik Sinner in semifinale a Monte Carlo ma ha pagato per questo un prezzo molto alto.
Già un veterano del circuito, uno che di nome fa Stanislav, per tutti Stan, non aveva fatto mancare di sottolineare alcuni comportamenti del giovane danese, dentro e fuori dal campo. Atteggiamenti forse figli della sua giovane età, sicuramente attribuibili ad una grande considerazione verso se stessi, che travalica le normali abitudini di gente che vive di principi dello sport. E quello che abbiamo visto in campo non rientra in questa sfera.
Nella vita come nello sport, si può vincere e si può perdere ma il fulcro di tutto è come si vince, come si perde. Si può vincere e perdere con onore e rispetto, verso l’avversario, verso chi guarda, verso se stessi. Le patetiche scenette del giovane danese non appartengono alla sfera dello sport in generale, del tennis in particolare. Gli auguriamo mille vittorie e altre mille ancora, ma soprattutto gli auguriamo di modificarne la natura: vincere dimostrando una superiorità fine a se stessa è l’anticamera della mancanza di valori e senza quelli ogni vittoria vale solo l’istante in cui avviene. L’esatto opposto di un campione. Bonne chance giovane Holger.
Carlo Galati