LeBron oltre ogni record

Sono da poco passate le 4 del mattino da questa parte del mondo. in corso una normale partita di regular season NBA tra i Los Angeles Lakers e Oklahoma City Thunder. Il tutto accade nel terzo quarto della sfida: un tiro in sospensione e via. LeBron James ha abbattuto il record di punti di Kareem Abdul-Jabbar (38387 punti) ed è il miglior marcatore di sempre nella storia della Nba.

In queste occasioni si tende spesso ad abusare del termine “storia” e dei vari aggettivi annessi e connessi. Mai però come in questo caso definire in tal modo quanto accaduto può rendere l’idea di un’impresa, di un muro abbattuto dopo oltre 40 anni, sfidando il limite dell’oggettività, trascendendo verso un confine che sembrava invalicabile ma che invece è stato spostato ancora più avanti.

Quanto però non lo sappiamo ancora perché il ragazzone di Cleveland tutto sembra men che un atleta sulla strada del tramonto. Certo, le primavere sono 38, ma la voglia di continuare è ancora tanta. Perché non è solo una questione di punti, una fredda roba aritmetica. È arte applicata allo sport, gesti tecnici che impreziosiscono i record dell’uomo che ha segnato più punti di tutti: 38.390 and counting.

Carlo Galati

L’Italbasket e il paradosso serbo

L’Italia di Tonut, Melli, Fontecchio e Spissu non può battere mai la Serbia di Jokic, Micic e Kalinic. Non soltanto è impossibile ma è illegale anche solo immaginarlo. Eppure nessuno degli azzurri in campo ne era informato e quindi l’Italia azzurra del basket torna a battere la Serbia dopo quel meraviglioso spareggio olimpico di Belgrado.

Una vittoria in cui ha creduto fortemente Gianmarco Pozzecco, coach azzurro, che da giocatore ha realizzato un’impresa ancor più grande, battendo il Dream Team di Iverson, Wade, Anthony; a confronto un due volte MVP NBA e un due volte MVP in Eurolega sembrano quasi uno scherzo. E invece lo scherzo lo ha nuovamente fatto la squadra azzurra ancora una volta da underdog.

Bello, bellissimo e stupendo. Quasi inimmaginabile e fantasticamente irreale, adesso l’Italbasket è attesa dalla Francia, anche questa volta favorita. Ma il paradosso del calabrone ha adesso le fattezze di Melli, Fontecchio e tutta la squadra azzurra, che non potevano battere i più forti ma loro non lo sapevano e li battono lo stesso.

Carlo Galati

Il totem di Assago

È andata come in pochi speravano ma in tanti temevano. Ha vinto la Grecia di Giannis Antetokounmpo il dio greco della pallacanestro che tutti si aspettavano devastante ma che invece ha trovato pane per i suoi denti contro un’Italia tenace, dura e compatta, ma perdente: 81-85 lo score finale.

L’Italia sprofonda per tre volte a -15 a cavallo fra terzo e quarto periodo. I numeri non mentono. È uno svantaggio pesante, comprensibile per le difficoltà nell’attaccare una squadra scafata, pesante e fisica, e la concomitante presenza di un due-volte MVP che spande l’intera anima sul parquet. Eppure, quel -15 non rispecchia realmente la partita. Gli Azzurri sono squadra, gruppo, spirito. Hanno energia, trasmessa anche dallo splendido sold-out del Forum. E la pelle d’oca si alza di centimetri quando, nei secondi finali, Simone Fontecchio Stefano Tonut si ritrovano tra le mani il pallone del possibile aggancio per forzare l’overtime. 

Il ferro di Assago risuona per due volte consecutive, risucchiando altrettanti “nooo” disperati dai 12.000 che colmano gli spalti. Ma la strada è ancora lunga e le speranze intatte. La Grecia è passata ma guardare avanti con fiducia si può.

Carlo Galati

Olimpia Milano 29 volte campione

Le vittorie hanno sempre tanti padri, pronti a rivendicarne spirito e appartenenza. Mai come nel caso dell’Olimpia Milano e del suo 29esimo scudetto questo è vero. È stata una serie stupenda in cui ha prevalso la squadra più forte e nel cui successo ci sono le mani di tanti, una su tutte: Giorgio Armani.

Sempre vicino alla squadra, sempre al palazzetto ha sollevato con merito quella coppa che è anche e soprattutto sua. E poi Ettore Messina, al suo quinto scudetto personale, è non solo allenatore ma trait d’union che tiene insieme tutto: squadra, dirigenza e tifosi. Ha fatto della difesa in campo un mantra e di quella fuori dal campo un virtù difendendosi da svariati attacchi durante tutta la stagione.

E poi i due capitani, Sergio Rodriguez e Nicolò Melli, fari di una squadra che non è soltanto un’accozzaglia di grandi giocatori ma un gruppo unito che ha trovato a fine stagione la forza di battere una grande Virtus. È lo scudetto di tutti, merito infinito di un’Olimpia mai doma, anzi dominante.

Carlo Galati

“Non parlerò di basket”

È netto il coach Nba dei Golden State Warriors Steve Kerr, in una conferenza stampa poco prima di Gara 4 delle finali della Western Conference contro i Mavericks a Dallas, usando le parole dure che traboccano di rabbia e figlie del dolore. “Da quando abbiamo lasciato la sessione di allenamento, 14 bambini sono stati uccisi a 600 km da qui, e un insegnante. Negli ultimi dieci giorni, anziani neri sono stati uccisi in un supermercato a Buffalo, fedeli asiatici sono stati uccisi nel sud della California e ora i bambini sono stati uccisi a scuola”, ha detto Kerr, con la gola serrata e gli occhi annebbiati.

“Quando faremo qualcosa? Sono stanco. Stanco di venire davanti a voi per porgere le mie condoglianze alle famiglie devastate. Ne ho avuto abbastanza. Giocheremo stasera. Ma voglio che ogni persona che ascolta pensi al proprio figlio o nipote, madre o padre, sorella o fratello. Come ti sentiresti se questo ti accadesse oggi?” chiede Kerr.

“Vi rendete conto che il 90% degli americani, indipendentemente dal loro orientamento politico, vuole un controllo criminale o psicologico sui singoli acquirenti di armi? Siamo tenuti in ostaggio da 50 senatori a Washington che si rifiutano persino di mettere ai voti questa misura, nonostante ciò che noi, il popolo americano, vogliamo. I senatori non vogliono votare questa cose per conservare il potere. Ricordatelo: antepongono il loro interesse alla vita dei nostri bambini”.

Carlo Galati

The man who changed the game

È successo. Sapevamo tutti, lui in primis che questo momento sarebbe arrivato, ed è arrivato. Il romanticismo della questione (cosa che non guasta) vuole anche che ciò sia accaduto nell’arena più famosa al mondo, il Madison Square Garden: Steph Curry ha stabilito il record di triple segnate nella storia della NBA. Ha fissato il nuovo limite a 2977…and counting.

L’ errore più grande che si rischia di commettere nel parlare di questo traguardo, e più in generale di Curry, è quello di dare tutto per scontato. Perché il canestro arrivato dopo poco più di 4 minuti, può sembrare un gesto semplice, meccanico, quasi automatico. C’è di sicuro una predisposizione genetica ma anche tanto allenamento alla perfezione.

Il sorpasso di Curry ai danni di Ray Allen (ex primatista) era ampiamente annunciato. Il fatto che fosse inevitabile, però, nulla toglie all’eccezionalità dell’impresa. Forse un giorno ci dimenticheremo del numero di triple segnate o dei titoli vinti, ma di certo ci ricorderemo sempre come Steph Curry ci ha fatto sentire. E questo, che la palla entri o esca dal canestro, ben più degli anelli vinti e dei premi individuali accumulati, è il marchio della vera grandezza.

Carlo Galati