Il giorno del Pirata

L’amore nella sua forma più pura è rappresentato dall’indeterminatezza dello stesso. L’amore non ha limiti, confini, soprattutto temporali. I grandi amori sono per sempre, per sempre vivono nei cuori di chi ne alimenta ogni giorno il fuoco sacro della passione. Una specie di serbatoio inesauribile che si rigenera, nel caso specifico, della grandezza del ricordo. Perché è impossibile dimenticare per chi lo ha amato, impossibile non associare il giorno degli innamorati al profondo dolore della sua ultima salita.

Marco Pantani se n’è andato il 14 febbraio di 19 anni fa, ma in realtà non è mai andato via. La sua grandezza continua ad ispirare, il suo talento immenso è ancora vivo e presente in chi si approccia al ciclismo. Continua a pedalare con gambe nuove, con energie mai perse, con sogni mai svaniti. Mai nessuno come lui: ciclista amato da tutti, ultimo esponente di un romanticismo sportivo che si sposa con le due ruote della fatica, del sangue, del sudore e delle lacrime. Amare.

Come amaro è il suo lungo addio, ma finito realmente. Sempre in salita, sempre sui pedali, sempre a lottare per far mettere fine all’agonia il prima possibile; un’agonia che però lo ha reso immortale e lo consacra tra i più grandi di sempre, per sempre. Il Pirata ci manca, manca al ciclismo e allo sport italiano, manca sempre: ad ogni salita, ad ogni tappa del Giro e del Tour. Manca la sua bandana gialla, manca il suo sorriso. Un sorriso che non abbiamo mai forse realmente compreso; triste e malinconico, radioso in apparenza. Non abbiamo mai capito il suo dolore che oggi è anche il nostro.

Carlo Galati

Filippo in…Ganna il tempo

Il record dell’ora prima, il record del mondo poi. Nel giro di una settimana; roba da marziani del ciclismo o comunque da chi vuole rivedere le logiche della fisica applicata allo sport. Insomma, comunque la si veda parliamo di imprese su imprese, il resto è racconto che scivola via veloce, bucando l’aria e mettendo il punto esclamativo su una sette giorni che Filippo Ganna ricorderà per tutta la vita. Il tutto con l’atteggiamento di chi rende semplice anche quello che apparentemente sembra impossibile.

E dire che l’azzurro non avrebbe voluto scendere in pista. Sentiva il peso della lunga stagione e dell’immenso lavoro che lo ha portato fino a tutto questo. Ma i compagni di questo fantastico gruppo azzurro che assomiglia sempre di più alla sua seconda famiglia, il c.t. Marco Villa e Giovanni Lombardi (più amico che agente) lo hanno pungolato e convinto a tornare in sella. Chi ti pedala accanto conosce il tuo valore. E meno male che Filippo ha accettato l’ennesima scommessa trasformandola in oro prima e in record (l’ennesimo) poi. Come in occasione del record dell’Ora, ha aumentato con gradualità fino all’esplosione dell’ultimo chilometro o dell’ultimo minuto volato a velocità mai viste nell’inseguimento chiudendo con il nuovo record del mondo dei 4 chilometri in 3’59”636 ad oltre 60 di media oraria. 

Non è un dettaglio dire che tutto ciò è stato possibile nella pista che ospiterà le olimpiadi di Parigi tra due anni; in quell’occasione Ganna e tutto il team Italia sarà chiamato a difendere l’alloro olimpico di Tokyo, una missione non semplice ma che comunque ha una strada già tracciata, traversando il tempo con una bicicletta. La scia è tinta d’azzurro.

Carlo Galati

Il volo dell’Ora

Meravigliosamente Filippo Ganna. Nella giornata in cui il ciclismo italiano saluta un suo eroe, Vincenzo Nibali, ecco spuntare dal nulla quel raggio di luce che illumina la storia del ciclismo e dello sport. Il 26enne piemontese del Team Ineos è il nuovo primatista mondiale sull’Ora dopo aver percorso 56,792 km.

Pippo nei 60 minuti in pista al velodromo di Grenchen ha fatto qualcosa di impressionante. Il record dell’Ora era detenuto da Dan Bigham, l’ingegnere e cronoman britannico di Ineos che proprio a Grenchen lo scorso 19 agosto era arrivato fino a 55,548, migliorando il 55,089 del belga Campenaerts che resisteva dal 2019. ma Ganna è andato ben oltre.

Mai un calo, mai un rallentamento. Così il suo vantaggio sui 56,375 di Chris Boardman è andato ad aumentare giro dopo giro fino a un risultato finale che resterà a lungo negli annali. E resterà a lungo il sorriso di Top Ganna che oltre a riscrivere gli annali sta riscrivendo anche le leggi della fisica, spostando una pedalata dopo l’altra, ogni limite umano.

Carlo Galati

Nibali, l’uomo che ha dato colore al nostro ciclismo

Vincenzo Nibali è stata passione, pura passione. Il motivo per rinunciare al pomeriggio al mare nelle calde giornate di inizio estate o in quelle di tarda primavera preferendo il ciclismo a tutto il resto; gli altri guardavano e non capivano. Noi gioivamo.

Lo squalo siciliano è stato quel motivo che ti portava a cercare sempre la sua sagoma nel gruppo sperando in un attacco, in salita o in discesa. Vincenzo ha sempre saputo dove e quando era possibile provare a scompaginare i piani degli squadroni che ha dovuto sfidare. A pinna alta, da solo, li ha battuti anche, facendoci impazzire.

È stato un campione, senza rischiare di abusare di una parola troppe volte violentata. I numeri raccontano di una carriera lunga e vincente, vittorie pesanti che comprendono anche la Tripla Corona, ossia far parte dell’esclusivo club dei magnifici 7 che hanno conquistato almeno un’edizione di tutti e tre i Grandi Giri. Quarto nell’ultimo Giro a 38 anni, arrivando quarto, non lascia eredi nelle corse a tappe. Solo tanta nostalgia nell’aver visto uno dei più grandi di sempre dedicandogli, nel suo ultimo canto al Lombardia, un infinito e sentito grazie.

Carlo Galati

Il gesto del Tour che nobilita il ciclismo

Questa immagine è l’emblema del ciclismo, la sintesi estrema dei valori dello sport. Attori protagonisti Tadej Pogacar, campione in carica e dominatore negli anni al Tour e Jonas Vingegaard, maglia gialla e probabile padrone della corsa. La scena madre del Tour la vediamo alle 16.45, nella discesa dello Spandelles, la seconda salita di giornata dopo l’Aubisque e prima di Hautacam.

La più facile delle tre, la più terribile delle due discese, però. In due curve quasi consecutive sia Vingegaard che Pogacar hanno un problema. Il danese sbaglia una traiettoria, sgancia il pedale e riesce miracolosamente a restare in bici. Pochi secondi più tardi, al contrario, Pogacar allarga troppo una curva e nel tentativo di recuperare la linea scivola e si procura una vistosa abrasione alla coscia e al ginocchio sinistro.

I due erano all’attacco da soli Pogacar perde secondi preziosi, Vingegaard potrebbe approfittarne per andare in fuga. Ma decide di aspettare, per sfidare il rivale ad armi pari. Attende che si rialzi, gli dà la mano, i due tornano in sella e ripartono. Una volta sui pedali, la stretta di mano prima di riprendere il duello spalla a spalla. Alla fine a vincere è il danese, che probabilmente arriverà a Parigi con la maglia gialla. Ma per sempre resterà questa foto e questo gesto, che valgono una vittoria, questa volta per entrambi.

Carlo Galati

Pogacar, il nuovo cannibale

Il suo incedere, il suo ritmo, la costante consapevolezza che l’esito delle gare a cui partecipa dipenda da lui. Il resto è dietro. È semplicemente superlativo, per questo non è necessario ricorrere ai superlativi. È Tadej Pogacar, qualcosa di unico e in questo momento irraggiungibile. Ha un altro passo, un altro incedere e quel che lascia stupefatti è che a 23 anni sta vincendo come Merckx, forsanche di più del Cannibale belga alla sua età.

Il suo ruolino di marcia ha qualcosa di impressionante, per la semplicità nell’esecuzione e la costanza nel ripetersi. Non è sazio Tadej, gli unici stanchi sono i suoi avversari, che ormai cominciano a sentire il peso della sconfitta, unita alla consapevolezza che al momento c’è poco da fare e si corre per il secondo posto.

Tadej Pogacar conquista per il secondo anno consecutivo la Tirreno-Adriatico. Il fenomenale sloveno della Uae Emirates, vincitore a Bellante e Carpegna, precede il danese Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma) di 1’52” e il basco Mikel Landa (Bahrain Victorious) a 2’33”: l’ultimo a fare doppietta è stato Vincenzo Nibali nel 2012-2013, uno che di storia del ciclismo se ne intende.

Carlo Galati

La battaglia nel fango

Wout Van Aert e Mathieu Van Der Poel, olandese uno, belga l’altro. Uno campione del mondo, l’altro campione belga di ciclocross che, se non equivale al titolo iridato, poco ci manca, hanno dato vita ad uno spettacolo che riporta alla mente l’epicità di questo sport, in una gara da tregenda nel fango di Dendermonde, in Belgio, dove correre per strada a fine dicembre è già eroico. Figurarsi farlo in una gara di ciclocross.

Ha vinto Wout Van Aert che si è imposto in quella che è stata la prima battaglia tra giganti della stagione. È stata una gara emozionante e intensa, in cui gli sparring partner si sono alternati in attesa del colpo dei due campioni che si sono dati battaglia fin sul traguardo. Il belga della Jumbo Visma ha messo in campo l’azione decisiva al quarto degli otto giri, quando ha staccato Van Der Poel e Aerts poi secondo a terzo classificato.

Ma questo è solo l’inizio di una stagione che li vedrà sicuri protagonisti darsi battaglia su tutte le superfici ed in tutte le specialità ed in tutte le competizioni, gare in linea, tappe di coppa del mondo e grandi giri. Nel frattempo però, Tadej Pogacar inizia la stagione vincendo in Slovenia. Ma questa è un’altra storia…o forse no?!

Carlo Galati