Courage Matteo, courage Lorenzo

Nessuno tocchi Matteo. Nessuno tocchi Lorenzo. Eppure sembra che ci si diverta a colpire i nostri ragazzi, in evidente e vera difficoltà, in un momento della loro carriera in cui gli scintillii della golden age sembrano aver lasciato lo spazio al sordo rumore della ruggine. Critiche su critiche, rimbrotti, numeri lanciati anche un po’ a caso per dimostrare quello che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. È un periodo no, capita.

Non crediamo ci sia di che preoccuparsi né per Musetti, né per Berrettini sia perché, come detto, si attraversano periodi nella vita e nello sport in cui tutto sembra andare bene e poi invece nulla riesce, neanche le cose più elementari, sia perché i segnali di piccola crescita e miglioramento ci sono. Piccoli scossoni, ma va bene così. Va bene così, per adesso.

È questo il momento in cui bisogna riconoscere che tutto non stia andando per il verso giusto ma è anche il momento in cui non bisognerebbe spingere troppo sull’ acceleratore della critica fine a se stessa. Sono ragazzi, sono giovani, hanno la loro vita e soprattutto non devono niente a nessuno. Neanche a se stessi. Quindi evviva Lorenzo, evviva Matteo; passerà la nottata e sarà l’alba di un nuovo giorno che spazzerà via fantasmi e vergognose insinuazioni. Courage.

Carlo Galati

La rincorsa di Sinner parte da Montpellier

Deve essere la stagione del rilancio, del riscatto o del passo decisivo. Chiamatela come volete, è il risultato a contare. E il risultato parla chiaro, l’obiettivo è stato raggiunto. Jannik Sinner ha vinto il torneo di Montpellier battendo in finale il franco americano Maxime Cressy con il punteggio di 7-6, 6-3. Non era facile, non lo è mai soprattutto quando si arriva in fondo ad un torneo, nonostante il divario di classifica, di gioco, di classe.

Già perché Cressy, ultimo della sua specie, giocatore dal serve and volley come arma efficace e fondamentale, riportando il tennis ad una dimensione pionieristica, durante il torneo non aveva mai perso il servizio, perdendo un solo set al tie-break in semifinale con Rune. È stata una vittoria vera quella di Sinner. Più rotonda ed importante di quello che può sembrare perché, durante tutto il torneo, ha sempre trasmesso quella particolare sensazione che solo i campioni hanno: il totale controllo della situazione.

Ed è questo il modo migliore di prepararsi ad una parte della stagione che è una lunga rincorsa verso la parte della stagione che può e deve dare a Sinner una consacrazione definitiva, passando per dei 1000 importanti e poi verso quei due obiettivi, a Parigi e Londra che forse non sono così impossibile. Con questo Sinner nulla è precluso, nemmeno i sogni.

Carlo Galati

Il cannibale del tennis

C’era una volta un ciclista belga, che a cavallo tra gli anni sessanta e settanta dominò la scena mondiale delle due ruote, vincendo tutto e vincendo sempre, ovvero ogni qual volta si presentava l’occasione giusta per farlo. Si chiama Eddy Merckx ma è da tutti conosciuto come il Cannibale. Non lasciava nulla a nessuno, nessun calo di tensione. Nessuna pietà sportiva.

Ad oggi il parallelo con Novak Djokovic sembra immediato ma in realtà non lo è. Perché nel tennis essere un vero cannibale è molto più difficile; perdere una gara in un gran giro potrebbe non compromettere il risultato finale. Nel tennis sì. E l’ennesima dimostrazione è andata in scena nella finale dell’Australian Open vinta su Tsitsipas: 10 vittoria su 10 finali, 22esimo Slam e una striscia aperta di 28 partite consecutive vinte in Australia. Come non definirlo un cannibale?

La domanda è chi possa fermarlo. La risposta è: nessuno. Nessuno se, chi lo incontra in campo, entra già in campo sconfitto, consapevole della grandezza assolutista di chi dall’altra parte della rete, gioca e vince. Sempre. La speranza è riposta in quei giovani giocatori come Alcaraz, Rune, lo stesso Sinner: la loro giovanile sfrontatezza può essere l’arma giusta. Altrimenti il monologo è assicurato, ora soprattutto che il numero 1 è tornato al suo posto.

Carlo Galati

Too good to watch: la resa dei conti

La finale a New York fu un testa a testa tra Ruud e Alcaraz, non solo per la vittoria nell’ultimo Slam della stagione, ma anche per il numero 1 al mondo. A vincere fu Carlitos con tutto ciò che ne convenne. A soli quattro mesi di distanza e nel solco lungo di un trait d’union che unisce New York a Melbourne ci ritroviamo nella stessa situazione…o quasi.

Già perché da una parte troveremo il pluricampione del globo terracqueo, dominatore di Melbourne, primo del suo nome e con una discendenza già avviata al tennis (senza pressione), tal Novak Djokovic e dall’altra, il tennista che fa impazzire le donne, dai capelli biondi e lunghi e dalle movenze inconfondibili. No, non è Borg ma Stephanos Tsitsipas. Solo per lui sarebbe la prima vittoria Slam, per Nole la decima; ma per entrambi c’è l’accesso alla porta principale del numero 1 al mondo. Non proprio una banalità.

Insomma, le motivazioni per consigliarvi di guardare il match, ci sono tutte. Qualora non le troviate, forse è meglio che viriate verso il Padel (si scherza…). Con questa, si chiude la nostra avventura durata due settimane; speriamo di avervi ogni tanto strappato un sorriso o anche solo appassionato. “Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta”. Alla prossima (speriamo).

Carlo Galati

La zAryna di Melbourne

Ci sono voluti 4 match point ed una palla break annullata. Nel mezzo tutta una vita di sacrifici, allenamenti, partite, delusioni e successi. Sudore e lacrime, gioia e dolore. La normale routine di un’atleta che sopporta tutto questo per raggiungere quel momento. Nello specifico il momento in cui il dritto di Rybakina atterra un metro oltre la linea di fondo campo. Il momento in cui Aryna Sabalenka ha realizzato di aver vinto il suo primo Slam.

E sono dolci lacrime di gioia, di un sorriso che le riempie il cuore di una dolcezza che tradisce la forte fisicità che rappresenta. Il sorriso di una ragazza che ha giocato il tennis migliore che possiede, battendo non solo la sua avversaria sul campo ma anche quella che nella sua testa l’ha costretta ad errori che potevano costarle caro.

È stata una partita muscolare, come ci aspettavamo; una bella partita. È vero, saranno mancati i colpi di tocco, leggeri e spettacolari ma…è difficile vederli ovunque. È il tennis moderno, baby. Ed è proprio di questo tennis che Aryna è testimonial ideale e perfetto. E la sua firma, nel registro delle più grandi non poteva mancare.

Carlo Galati

Sinner, il momento arriverà

Sul 2-0 abbiamo letto e visto avvoltoi volare sopra la testa di Jannik, pronti ad avventarsi sulla preda, pronti a festeggiare. Ma non è tempo per loro e forse non lo sarà mai. Perché Sinner ha perso sì, ma recuperando una partita che sembrava persa con la forza dei grandi. La sconfitta al quinto con Tsitsipas ci può stare. Peccato; quella parte di tabellone avrebbe riservato una corsia preferenziale verso un obiettivo raggiungibile.

Ci eravamo detti che questa partita avrebbe dato un segnale del tempo passato, dandoci la misura del tempo passato; un anno dopo, stesso torneo, stesso avversario. Rispetto allo scorso anno impossibile negare i miglioramenti. Ignorarli significherebbe essere in malafede o semplicemente non capire nulla di questo sport.

Certo, è pur sempre una sconfitta con un signor giocatore che, seppur idolatrato, non ha ancora uno Slam in bacheca. Significa che i giocatori vanno aspettati e il processo di crescita è diverso per tutti. Non tutti devono essere Djokovic, Nadal o Federer e neanche Alcaraz. Arriverà il tempo di Sinner; bisogna avere fiducia…e pazienza.

Carlo Galati

Too good to watch: Sinner all’esame di greco

Se avete avuto la pazienza di seguirci fino a qui, sapete che in questo piccolo spazio sociale vi abbiamo suggerito cinque match da guardare nel mare magnum delle partite dei primi tre turni. Ora, con gli ottavi, le scelte sono gioco forza obbligate. La prima riguarda l’ultimo nostro portabandiera impegnato nel match di ottavi con Tsitsipas.

Cosa dire? Tanto ci sarebbe da scrivere per introdurre la partita ma, per opportunità, analizzeremo un aspetto su tutti. Un anno è passato da quella partita di quarti di finale che da Melbourne avrebbe potuto far iniziare una stagione diversa per Jannik. È andata come sappiamo, con la separazione da Piatti e l’inizio della collaborazione con Vignozzi e Cahill.

Cosa è stato fatto in un anno non può essere riassunto ovviamente in un match, ma è altrettanto ovvio che giocare con lo stesso avversario, nello stesso campo, alla stessa ora dà il senso di ciò che è stato fatto e di ciò che sarà. Le possibilità di fare bene ci sono tutte, l’avversario è solido, forte e determinato ma battibile. L’occasione per quel salto che Jannik merita, è a portata di mano. Bisogna saperla cogliere. I tempi sono maturi.

Long live, sir Andy

Da questa parte del mondo sono da poco passate le 18, in Australia le 4 di mattina. Andy Murray e Thanasi Kokkinakis sono in campo da oltre cinque ore quando, un magnifico rovescio lungolinea di Sir Andy squarcia la notte di Melbourne, annunciando il sorgere del sole.

Le dieci ore in campo in due giorni di gara sono la più bella dichiarazione d’amore di un trentasettenne, parte vitale della generazione di fenomeni, che ha monopolizzato il tennis dell’ultimo ventennio. E lo sono proprio in Australia quando, non più di tre anni fa, sembrava essere finita la sua carriera.

Invece la sua anca in titanio, combinata con una volontà d’acciaio, hanno piegato tutto: il tempo, gli acciacchi e la voglia di smettere. Un cuore grande come le Highlands scozzesi e la voglia di restare attaccato al tennis giocando la partita più lunga della sua carriera sportiva. Roba che neanche ai tempi d’oro, ammesso e non concesso che questi siano tramontari definitivamente. Intanto, godiamocelo ancora.

Carlo Galati

I tre moschettieri azzurri e l’Australia da conquistare

La domanda è scontata: iniziano gli Australia Open, l’Italia può sognare? Ammesso e non concesso che ci si presenta ai nastri di partenza con tre baldi e prorompenti giovani tra i primi 20 al mondo: Berrettini, Sinner e Musetti al netto di infortuni e situazione incontrollabili, potranno dire la loro? La risposta è convintamente sì, ma non soddisfa il primo quesito. Ai nastri di partenza per la prima volta l’Italtennis ha a disposizione una batteria anche piuttosto eterogenea di giocatori, tutti con delle qualità diverse e con degli obiettivi diversi, ma soprattutto aspettative diverse.

Per Berrettini si tratta di difendere una semifinale. Nel 2022 si trovò di fronte un certo Rafa Nadal che aggiunse l’ultimo tassello alla collezione Slam. Fu una partita mai messa in discussione. Sinner invece si fermò ai quarti. La partita con Tsitsipas da categorizzare tra quelle no contest: un 3-0 secco a favore del greco che segnò il netto distacco dell’altoatesino da un certo livello. Musetti invece ha la forza dell’aver tutto da guadagnare rispetto allo scorso anno: sconfitto al primo turno da De Minaur si presenta ai nastri di partenza come mina vagante. Non troppa pressione; giusto così.

Al netto dello stato di forma di tutti e tre, poco indicativo prima di un torneo del genere, importante sarà l’impatto che i tre moschettieri avranno sul primo turno e sugli avversari. Fondamentale sarà lanciare un messaggio agli altri e a se stessi: la fiducia nasce dai risultati, la forza mentale è il carburante per l’impresa. Dobbiamo avere fiducia perché per tutti e tre è un anno importante. L’anno che ci dirà se possiamo sognare o meno. Intanto cominciamo a chiudere gli occhi.

Carlo Galati

United per la vittoria

È iniziata come una bella avventura dalla quale non chiedere molto. Come tutte le prime volte non sai bene a cosa vai incontro, come può evolvere un torneo che è alla sua prima edizione, muovendosi nel solco profondo delle competizioni tennistiche a squadre. In principio fu la Davis, passando per Hoffman Cup e l’Atp Cup. Oggi si chiama United Cup e l’Italia è in finale.

Una finale raggiunta in modo tutt’altro che agevole, perdendo anche con la Polonia ma, qualificandosi come migliore seconda dei gironi, alle semifinali. Semifinali che hanno visto l’Italia battere 3-1 la Grecia. Ininfluente la sconfitta di Berrettini con Tsitsipas, decisivo invece il punto decisivo messo a segno da Lucia Bronzetti vittoriosa su Grammatikopoulou con un perentorio 2-0.

Avversario in finale sarà la formazione nordamericana che ha battuto quella Polonia di cui sopra. E non chiamatela coppetta; la vittoria in una competizione del genere può essere viatico morale per far bene in una stagione che sta iniziando e che vedrà, i nostri ragazzi e le nostre ragazze, impegnati come non mai chiamati a riscattare una stagione amara e avara di successi. L’occasione è ghiotta ma difficile. Gli Stati Uniti sono la squadra da battere ma l’appetito vien mangiando e questa Squadra (S rigorosamente maiuscola) di fame ne ha molta.

Carlo Galati