(V)Erba volant, victoriae manent

È diventata ormai una piacevole abitudine quella dei tennisti italiani negli Slam; per il nono slam di fila, infatti, almeno un rappresentante del tennis azzurro raggiunge gli ottavi (l’ultimo senza: Australia Open del 2019). La famosa seconda settimana che prima era un miraggio per i nostri atleti adesso sta diventando l’obiettivo minimo.

Accade per di più che gli italiani agli ottavi, a Wimbledon, siano due, Matteo Berrettini e Lorenzo Sonego. Per intenderci, l’ultima volta in cui ciò accadde sui prati verdi di Londra, era il 1955, grazie a Pietrangeli e Merlo. Insomma, non proprio l’altro ieri.

Due partite fotocopie, vinte con la stessa erbivora autorità, dimostrando ancora una volta di essere i più completi tennisti italiani in circolazione, capaci di vincere e raggiungere finali su più superfici, giocando un tennis che si sposa bene con le differenti condizioni, mostrando un carattere e una determinazione che nel tennis rappresenta un valore aggiunto fondamentale.

Matteo e Lorenzo sono la bella Italia del tennis, sui campi dove si conquistano i galloni di nobiltà tennistica. Campi che hanno fatto la storia e che permettono ai giocatori meritevoli di entrarci, in quella storia. Nello specifico, una storia italiana ancora tutta da scrivere.

Carlo Galati

L’erba di Matteo è sempre più verde

“È solo servizio e dritto”.

Anche Ivanisevic lo era, se dovessimo limitarci a dare credito agli innumerevoli soloni del tennis da divano spuntati fuori come i funghi alle prime vittorie dei ragazzi terribili d’Italia.

Matteo, però, non appartiene a questa categoria. Il servizio che funziona conferisce solidità al suo gioco, il dritto è devastante, ancor di più con le traiettorie rasoterra disegnate dai ciuffi d’erba idel Queen’s; eppure anche il rovescio di Matteo comincia a funzionare, sotto il peso della ripetitività tattica dei suoi avversari, che lo “allenano” sul colpo potenzialmente più debole.

Matteo ha brucato l’erba dal primo turno, aggrappandosi al servizio nei momenti difficili e studiando la superficie, come fanno i grandi quando si avvicinano a Wimbledon.

La testa di serie numero 1 del torneo ha rispettato i pronostici, arrivando in finale senza aver perso un set.

Alla faccia dei detrattori, dei gufi e del tafazzismo italico, sempre pronto a farsi del male quando il tricolore sventola più alto di tutti.

Adesso la finale, contro Norrie, uno che sull’erba vale una classifica decisamente migliore del suo #41.

Andiamo, Matteo: servizio, dritto, punto.

Fino a Wimbledon, passando per il Queen’s.

Il valore della classifica

Nell’ultimo periodo lo sport mondiale e il tennis di conseguenza, ha vissuto e continua a vivere momenti difficili in cui le poche certezze residue sono messe a dura prova dal contesto complicato in cui si opera. Non sono salve da questa condizione le classifiche, ovvero quel valore oggettivo che sancisce chi sia più bravo sancendo una graduatoria che poi regola e allinea i valori delle singole squadre, dei piloti o dei tennisti.

Nello specifico la classifica ATP del tennis maschile, così come quella femminile, è stata nell’ultimo anno quasi sospesa, restando in un limbo che ha permesso la conservazione automatica dei punti conquistati e una sostanziale non alterazione delle posizioni in classifica. Una decisione dura e difficile ma necessaria. Ma i valori in campo, aldilà dei calcoli matematici, sono rimasti gli stessi?

L’esempio italiano in tal senso è lampante. Numero 1 Berrettini, numero 2 Fognini e non c’è storia per il momento. Basti guardare a cosa è successo all’ATP Cup, basti vedere l’Australian Open. Battendo rispettivamente Katchanov e De Minaur, Matteo e Fabio hanno guadagnato l’accesso agli ottavi di finale. Riportiamo due italiani nella seconda settimana di uno Slam; certo dobbiamo e dovremo abituarci all’idea che, visto il movimento e le eccellenze che questo sport in Italia sta esprimendo, in un futuro prossimo potremmo trasformare lo stupore in meravigliosa consuetudine.

Ma, per ora, i portabandiera del tennis italiano sono ancora quelli che la classifica sancisce come i due migliori azzurri. E non c’è congelamento di punti che tenga; Tsitsipas e Nadal siano avvisati. Certo, la loro classifica è migliore, su questo nessun senza dubbio. Ma quante volte l’eccezione ha confermato la regola?

Carlo Galati

Il dolce risveglio del tennis italiano

È dolce il risveglio. Ha il sapore della vittoria la mattina italiana, è il sapore di chi è tornato a battere un colpo tra i grandi del tennis mondiali. Berrettini e Fognini sono gli alfieri di tutto questo, i portabandiera legittimi di un cammino che ha portato l’Italia a giocarsi la finale della neonata Atpcup a Melbourne con la Russia.

Austria, Francia e Spagna battute nei turni precedenti contro pronostico e contro la logica delle classifiche che si sa, sono importanti, ma sono opinabili di fronte alla prepotenza tennistica di due ragazzi, Berrettini e Fognini, massacrati dalla critica sportiva per un 2020 non all’altezza delle aspettative (di chi poi…?!). È bene ricordarlo: Berrettini è ancora quello delle Finals del 2019 e Fognini è ancora campione in carica a Montecarlo, nonché unico e ultimo italiano ad aver vinto un Master 1000, nonostante tutto. Nonostante un doppio intervento alle caviglie.

Li avevano dati per bolliti ma hanno bollito i cervelli, le gambe e i pensieri tennistici di chi li ha affrontari dentro e fuori dal campo in questi giorni. Nessuno avrebbe scommesso su questa Italia e forse nessuno lo farà nella finale con la Russia di Medvedev e Rublev. Ma contro pronostico e contro correnti l’Italia è arrivata fino a lì. Sognare? Perché no. A patto che anche domani il risveglio sia dolce.

Se tutto questo non bastasse, sempre a quelle latitudini, due più o meno giovanotti di belle speranze hanno raggiunto la finale al 250 di Melbourne. Stefano Travaglia e Jannik Sinner si affronteranno sempre nella notte, in una finale fratricida, in una lotta all’ultimo scambio in cui c’è già un vincitore. Ha la bandiera tricolore e una racchetta azzurra. Si è risvegliato levandosi di dosso un po’ di polvere e irrompendo nuovamente con la giusta prepotenza nel tennis mondiale. Italians, now, do it better.

Carlo Galati