Il valore della classifica

Nell’ultimo periodo lo sport mondiale e il tennis di conseguenza, ha vissuto e continua a vivere momenti difficili in cui le poche certezze residue sono messe a dura prova dal contesto complicato in cui si opera. Non sono salve da questa condizione le classifiche, ovvero quel valore oggettivo che sancisce chi sia più bravo sancendo una graduatoria che poi regola e allinea i valori delle singole squadre, dei piloti o dei tennisti.

Nello specifico la classifica ATP del tennis maschile, così come quella femminile, è stata nell’ultimo anno quasi sospesa, restando in un limbo che ha permesso la conservazione automatica dei punti conquistati e una sostanziale non alterazione delle posizioni in classifica. Una decisione dura e difficile ma necessaria. Ma i valori in campo, aldilà dei calcoli matematici, sono rimasti gli stessi?

L’esempio italiano in tal senso è lampante. Numero 1 Berrettini, numero 2 Fognini e non c’è storia per il momento. Basti guardare a cosa è successo all’ATP Cup, basti vedere l’Australian Open. Battendo rispettivamente Katchanov e De Minaur, Matteo e Fabio hanno guadagnato l’accesso agli ottavi di finale. Riportiamo due italiani nella seconda settimana di uno Slam; certo dobbiamo e dovremo abituarci all’idea che, visto il movimento e le eccellenze che questo sport in Italia sta esprimendo, in un futuro prossimo potremmo trasformare lo stupore in meravigliosa consuetudine.

Ma, per ora, i portabandiera del tennis italiano sono ancora quelli che la classifica sancisce come i due migliori azzurri. E non c’è congelamento di punti che tenga; Tsitsipas e Nadal siano avvisati. Certo, la loro classifica è migliore, su questo nessun senza dubbio. Ma quante volte l’eccezione ha confermato la regola?

Carlo Galati

Fognini-Caruso: molto rumore per nulla

E’ vero. A nessuno è piaciuta quella scena finale dal vago sapore di sfida rusticana, soprattutto perché ha coinvolto due italiani a maggior ragione se la stessa è avvenuta al secondo turno del primo Slam dell’anno. Quel reciproco e vivace scambio di idee alquanto sopra le righe ce lo saremmo risparmiato. E, ne siamo sicuri, se lo sarebbero risparmiato anche i due protagonisti in campo, non tanto per l’oggettività del fatto tanto più per il legame che c’è tra loro (basti guardare la foto che abbiamo scelto: nel momento dell’infortunio a Caruso, durante il quinto set, Fognini è stato il primo a raggiungerlo, preoccupato delle condizioni del siciliano).

Detto questo, basta. Inutile rivangare e aggiungere altri commenti ad una vicenda che è nata e morta in campo, figlia di un match tiratissimo di quasi quattro ore e che valeva tanto, tantissimo per entrambi. Eppure per quel vezzo particolarmente italico di dar risalto a tutto quello che succede senza tenere conto del contesto, della tensione e delle ripercussioni è tutta una ricerca al titolone scandalistico o alla polemica perlopiù social, visti i tempi che corrono.

Polemiche continue che nascono evidentemente da chi su un campo da tennis non c’è mai stato e da chi non riesce a comprendere le semplicissime logiche che muovono gli atleti agonistici. E non serve essere arrivati a quei livelli per comprenderlo. Eppure è tutto un discutere su chi abbia cominciato prima, sul perché ci sia sempre Fognini in mezzo, sul perché Caruso non abbia chiesto scusa dei rimbalzi sulla linea (?!…) e altre amenità del genere. E’ un fatto di campo e sul campo è rimasto. Punto. Inutile andare oltre. I primi a dirlo sono proprio i due protagonisti del match, sia in conferenza stampa che attraverso i propri social hanno giustamente ridimensionato la vicenda, riportandola al giusto rango, dandole il giusto peso.

Complimenti reciproci e stop, life goes on. Tennis too.

Carlo Galati

Il dolce risveglio del tennis italiano

È dolce il risveglio. Ha il sapore della vittoria la mattina italiana, è il sapore di chi è tornato a battere un colpo tra i grandi del tennis mondiali. Berrettini e Fognini sono gli alfieri di tutto questo, i portabandiera legittimi di un cammino che ha portato l’Italia a giocarsi la finale della neonata Atpcup a Melbourne con la Russia.

Austria, Francia e Spagna battute nei turni precedenti contro pronostico e contro la logica delle classifiche che si sa, sono importanti, ma sono opinabili di fronte alla prepotenza tennistica di due ragazzi, Berrettini e Fognini, massacrati dalla critica sportiva per un 2020 non all’altezza delle aspettative (di chi poi…?!). È bene ricordarlo: Berrettini è ancora quello delle Finals del 2019 e Fognini è ancora campione in carica a Montecarlo, nonché unico e ultimo italiano ad aver vinto un Master 1000, nonostante tutto. Nonostante un doppio intervento alle caviglie.

Li avevano dati per bolliti ma hanno bollito i cervelli, le gambe e i pensieri tennistici di chi li ha affrontari dentro e fuori dal campo in questi giorni. Nessuno avrebbe scommesso su questa Italia e forse nessuno lo farà nella finale con la Russia di Medvedev e Rublev. Ma contro pronostico e contro correnti l’Italia è arrivata fino a lì. Sognare? Perché no. A patto che anche domani il risveglio sia dolce.

Se tutto questo non bastasse, sempre a quelle latitudini, due più o meno giovanotti di belle speranze hanno raggiunto la finale al 250 di Melbourne. Stefano Travaglia e Jannik Sinner si affronteranno sempre nella notte, in una finale fratricida, in una lotta all’ultimo scambio in cui c’è già un vincitore. Ha la bandiera tricolore e una racchetta azzurra. Si è risvegliato levandosi di dosso un po’ di polvere e irrompendo nuovamente con la giusta prepotenza nel tennis mondiale. Italians, now, do it better.

Carlo Galati