Musetti e Sinner, gli intoccabili

Se anche uno solo dei nostri pochi ma affezionatissimi lettori possa solo pensare che il termine di paragone per Sinner e Musetti siano le carriere di Nadal, Federer e Djokovic, a lui diciamo: no. Immaginare anche solo per un istante che il tennis sia quel qualcosa di sovrannaturale che questi tre mostri dello sport hanno finora mostrato, allora esiste un problema; ma questo lo sapevamo. A lui, a loro, dico che il tennis è stato altro fino al loro avvento, un avvento comunque rappresenta qualcosa di IRRIPETIBILE non soltanto nel tennis ma forse nello sport in generale.

Bene, chiarito questo concetto, possiamo ben dire ad alta voce che sì, i due giovanotti del tennis azzurro hanno un futuro radioso davanti a loro. Avrebbe potuto fare di più Jannik nella partita con Rafa? Forse sì, forse no. Non lo sapremo mai. Quello che sappiamo è che per due anni consecutivi Sinner ha sfidato il Re nel proprio regno incontrastato, perdendo sì, come tutti gli altri per 104 volte in questo torneo, ma uscendo dal campo accompagnato dall’applauso del proprio sfidante. Pur riconoscendo al maiorchino una sportività innata, non ricordiamo tante altre occasioni in cui questo sia accaduto. Eppure è successo.

E Musetti? Beh che dire?! Ha fatto letteralmente impazzire il numero uno al mondo per quasi due ore: mai due palle simili, colpi sempre al limite, variazioni in top e in back, lotta, sudore e corsa. In poche parole il manuale del perfetto terraiolo. Poi tutti a chiedersi, ma cosa è successo? E’ successo che Djokovic è il numero uno al mondo, è successo che a 19 anni e giocando da una vita (9 anni circa…!!!) match due su tre, alla prima esperienza in un ottavo di finale in uno Slam, vincendo due set al tie break sul Philippe Chatrier, la carica nervosa possa esaurirsi e con esso il fisico. Capita. Per chi vince e chi perde in questi casi si usa una sola parola: esperienza. Tanta per chi vince, poca per chi perde. Ah, dimenticavo: anche in questo caso applausi di Nole al giovane sfidante. Anche in questo caso non ricordiamo tante altre volte in cui sia successo.

Cosa voglio dire? Che da queste partite bisogna portarsi a casa il meglio e metterlo a frutto per il futuro, lavorando lavorando e lavorando ancora. Perché è innegabile che degli errori ci siano ma, chi non ne ha compiuti a 19 anni? Di sicuro non sul centrale del Roland Garros.

Carlo Galati