
E’ vero. A nessuno è piaciuta quella scena finale dal vago sapore di sfida rusticana, soprattutto perché ha coinvolto due italiani a maggior ragione se la stessa è avvenuta al secondo turno del primo Slam dell’anno. Quel reciproco e vivace scambio di idee alquanto sopra le righe ce lo saremmo risparmiato. E, ne siamo sicuri, se lo sarebbero risparmiato anche i due protagonisti in campo, non tanto per l’oggettività del fatto tanto più per il legame che c’è tra loro (basti guardare la foto che abbiamo scelto: nel momento dell’infortunio a Caruso, durante il quinto set, Fognini è stato il primo a raggiungerlo, preoccupato delle condizioni del siciliano).
Detto questo, basta. Inutile rivangare e aggiungere altri commenti ad una vicenda che è nata e morta in campo, figlia di un match tiratissimo di quasi quattro ore e che valeva tanto, tantissimo per entrambi. Eppure per quel vezzo particolarmente italico di dar risalto a tutto quello che succede senza tenere conto del contesto, della tensione e delle ripercussioni è tutta una ricerca al titolone scandalistico o alla polemica perlopiù social, visti i tempi che corrono.
Polemiche continue che nascono evidentemente da chi su un campo da tennis non c’è mai stato e da chi non riesce a comprendere le semplicissime logiche che muovono gli atleti agonistici. E non serve essere arrivati a quei livelli per comprenderlo. Eppure è tutto un discutere su chi abbia cominciato prima, sul perché ci sia sempre Fognini in mezzo, sul perché Caruso non abbia chiesto scusa dei rimbalzi sulla linea (?!…) e altre amenità del genere. E’ un fatto di campo e sul campo è rimasto. Punto. Inutile andare oltre. I primi a dirlo sono proprio i due protagonisti del match, sia in conferenza stampa che attraverso i propri social hanno giustamente ridimensionato la vicenda, riportandola al giusto rango, dandole il giusto peso.
Complimenti reciproci e stop, life goes on. Tennis too.
Carlo Galati