
Si è sempre più propensi a pensare che nel calcio ormai non ci sia più spazio per gesti di lealtà e di correttezza. Abbiamo tutti negli occhi quelli che vengono sempre definiti come atteggiamenti antisportivi, colpa o responsabilità anche di chi, come noi, scrive e racconta lo sport. Una sorta di snobbismo al contrario secondo il quale il calcio ormai non sia più da considerarsi una disciplina con valori morali oltre che economici e di interessi vari, alle volte (ormai spesso) anche politici.
Ci stupiamo quando accade il contrario. Ci stupiamo quando Andrea Belotti, capitano del Torino, durante il primo tempo della partita con l’Atalanta, dopo un presunto fallo subito si rialza e dice all’arbitro, no! Non è fallo. L’ammonizione a Romero, difensore nerazzurro, viene graziata dall’arbitro Fourneau, che torna sui suoi passi e dopo una stretta di mano si riprende subito a giocare. E’ un gran gesto, è vero. Il gesto di un capitano che nonostante il passivo di 3-0 e nonostante la sua squadra non navighi nelle buone e serene acque del centro classifica, ha l’onestà intellettuale di dire il vero, anche contro l’interesse personalistico. Ecco, il calcio è anche questa roba qui. Non solo business, non solo il cieco accanimento verso l’obiettivo sportivo ad ogni costo, anche a costo di quei valori sportivi che tutti gli atleti hanno o dovrebbero avere. E’ un gesto da uomo di sport e da capitano. Ma, non deve essere isolato.
Bisogna riabituarsi al bello, al giusto. Ridare al calcio anche quel giusto valore pedagogico, perché il fair play esiste e la platea che lo guarda, lo commenta, lo vive è fatta anche di giovani uomini che seguono esempi. E poi si sa, la giustizi divina esiste e premia. Sarà un caso che dopo questo gesto e contro ogni pronostico il Torino abbia recuperato, in trasferta, lo svantaggio e pareggiato la partita per 3-3? Non ne siamo certi, ma è bello pensare che possa essere così.
Carlo Galati